Dark Light

Solo la scorsa settimana stavo scrivendo il mio nuovo racconto, quello che, in punta di piedi, mi avevi chiesto di leggere in occasione dell’evento organizzato da te, alla chiesa di Santa Maria della Salute, dove tuttora è allestita la mostra dedicata agli 80 anni del bombardamento su Viterbo del 17 gennaio 1944. E poche ore fa mi sono trovata a scrivere queste parole, a cui ora sto dando lettura.

Rivedo qui molte di quelle persone presenti sabato scorso. Nei loro occhi e in quelli di tutte le centinaia di persone che oggi sono qui a salutarti, a dirti “arrivederci”, c’è lo stesso sguardo. Uno sguardo di incredulità. Lo sguardo di chi ancora non crede a quello che è accaduto. Non crede che te ne sei andata. Non crede che tu, sia volata via.

Cara Rosanna, sono vent’anni che ci conosciamo. Avevo iniziato a scrivere da poco tempo quando ti ho incontrata per la prima volta. Lavoravo al Totem e tu ci mandavi l’oroscopo. Quella nostra iniziale semplice conoscenza è diventata ben presto una bellissima amicizia. Sincera. Rimasta solida negli anni.

Mentre parlavo ieri al telefono con la tua amata nuora Letizia ho pensato che in tutti questi anni non sono mai venuta a casa tua. Ma tu mi facevi sentire di casa. Come se dentro casa tua ci fossi sempre stata.

Quando ti avevo confidato che mia mamma era stata battezzata nella chiesa di San Luca, la stessa tua parrocchia, la sera stessa mi hai mandato le foto di quella chiesa scaricata dalle bombe. Volevi farmi un piccolo regalo, e me lo hai fatto. Perché tu eri così. Offrivi tutto il tuo affetto e il tuo amore alle persone a cui volevi bene. E me ne volevi. Tanto.

Eri felice di fare felice le persone a cui volevi bene. La gioia degli altri era la tua.

Vivevi per la tua famiglia. Eri la nonna affettuosa e premurosa per i tuoi adorati nipotini, Giovanni Paolo e Giada. Ti brillavano gli occhi ogni volta che ne parlavi. Ne hai parlato anche sabato scorso. Eri la madre innamorata del proprio figlio, del tuo caro Giovanni. Adoravi tua nuora Letizia. Stravedevi per loro. Ne parlavi nei tuoi racconti dedicati al Natale, quelli che mi mandavi ogni anno. Volevi tanto bene a tuo fratello Marcello, che tutti abbiamo ritrovato accanto a te anche alla mostra.

Tanti anni fa sei stata nominata cavaliere della Repubblica. E ne andavi fiera di questa onorificenza che ti era stata conferita. Eri felice di fare del bene, e lo hai fatto tanto. In più occasioni. Con il tuo impegno per questa città. Da sola o accanto alle associazioni che hai aiutato ad aiutare chi aveva bisogno.

I tuoi versi, le tue poesie, dove raccontavi con il cuore aneddoti storici, stati d’animo, sentimenti, tradizioni resteranno con noi.

Sarai sempre in prima fila, in sala consiliare, in Comune, alla conferenza stampa della calza della Befana più lunga del mondo. E a conclusione di quella conferenza, come ormai era tradizione, insieme a Luciano Barozzi e a tutti gli altri, ascolteremo una tua poesia dedicata alla Befana. La leggeremo noi per te. E tu ci ascolterai.

Non dimenticherò mai le lunghe chiacchierate di quest’ultimo mese. Prima di quella mostra a cui ti sei dedicata con anima e cuore.

Ricorderò sempre le parole che mi hai detto lo scorso sabato e quelle che mi hai scritto la sera stessa.

Ti abbiamo vista felice quel giorno. Felice di essere riuscita a fare tutto. Prima di quell’intervento.

Cara Rosanna, non resteremo sordi di fronte alla tua richiesta, di fronte alla tua volontà di creare uno spazio dedicato a quella mostra che hai tanto voluto.

Non resteremo ciechi di fronte a tutto il prezioso lavoro di ricostruzione storica che hai fatto negli anni.

Attraverso il tuo libro dedicato al 17 gennaio 1944, attraverso le testimonianze che hai raccolto per quel libro, attraverso i tuoi incontri insieme al caro Francesco Morelli, tra i ragazzi delle scuole, hai ricostruito una memoria storica, l’hai condivisa con la città, l’hai restituita alla città.

Hai restituito un nome, una vita, un’identità a tutte quelle persone di cui hai parlato all’interno di quelle pagine.

E credo sia il più bel gesto d’amore che potessi fare. Salvare dal tempo un’importante pagina di storia della tua e nostra Viterbo.

Continueremo a raccontare. Affinchè la storia di quegli anni resti viva, grazie al lavoro che hai fatto in questi anni.

E racconteremo di te, cara Rosanna.

Il miglior modo per ricordare le persone, una madre, una nonna, una cara amica, è far sapere che quelle persone sono esistite.

Ricordi cosa abbiamo detto insieme sabato scorso? Il miglior modo per rendere onore alla storia è raccontarla.

Tu, cara Rosanna, quella storia, la storia della nostra città, l’hai raccontata fino all’ultimo. Fino all’ultimo giorno che hai potuto.

Mi avevi confidato che avresti voluto ripetere quell’incontro di sabato scorso al centro sociale Pilastro, un luogo che per te era una seconda casa. Che subito dopo la convalescenza, dopo l’intervento, avresti voluto ripetere l’incontro con tutti noi, con Catia, Luciano, Archeotuscia e con tutte le persone che hanno dato voce a quei racconti. Lo faremo Rosanna. Lo faremo quell’incontro al Centro sociale Pilastro. Come avresti voluto tu.

Dolce Rosanna, tu eri questo e molto altro. Avevi un cuore grande. E in quel tuo cuore c’era posto per ognuno di noi. Oggi ci sentiamo tutti un po’ più soli. Orfani di tutto quell’amore che ci hai donato.

Ma tu non te ne andrai mai troppo lontano da noi. Continueremo a parlare di te. Continueremo a ricordarti. Continueremo a raccontare quella storia che tu hai raccontato. Non andrà persa la memoria che tu hai ricostruito. Te lo prometto. Te lo promettiamo❤️

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